La funzione “Panoramiche AI”, lanciata da Google alla fine di maggio, ha suscitato preoccupazione tra gli editori di stampa. Questo nuovo strumento, integrato nel motore di ricerca, consente agli utenti di ricevere un breve riassunto in linguaggio naturale in risposta a una domanda, che appare prima dell’elenco dei risultati sotto forma di link.
Pochi giorni dopo l’attivazione di questa funzione, alcuni editori hanno notato una diminuzione del traffico verso i loro siti. Ciò si spiega in parte con il fatto che molti utenti, soddisfatti della risposta generata dall’intelligenza artificiale, non cercano ulteriori informazioni cliccando sui link.
Un bot di indicizzazione al cuore del problema
Gli editori sarebbero, in linea di principio, liberi di rifiutare di consentire l’utilizzo dei loro contenuti da parte dei bot di Google per generare contenuti AI. Tuttavia, se gli editori non autorizzano il colosso del web a estrarre il contenuto degli articoli, potrebbero perdere tutta la visibilità in Google Discover e non vedere più i loro contenuti presenti negli snippet.
Questa esclusione è dovuta al modo in cui Google utilizza i suoi bot di indicizzazione. Googlebot, che esamina i contenuti web per fornire risposte basate sull’intelligenza artificiale, è lo stesso che segue le pagine web per visualizzare i risultati di ricerca classici. Tieni presente che Google utilizza un bot diverso per il suo chatbot Gemini.
Gli editori di giornali sono quindi costretti a consentire a Google di estrarre contenuti se vogliono sopravvivere, poiché il motore di ricerca di Google rappresenta il 90% della quota di mercato.
Google accusato per le sue pratiche monopolistiche
La scorsa settimana abbiamo riferito che alcuni funzionari del Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti avevano chiesto a un giudice federale di adottare diverse misure per porre fine al monopolio. Tra le opzioni suggerite c’è la separazione di alcune parti dell’azienda, come la scissione del browser Chrome e del sistema operativo Android.
Suggeriscono anche di costringere Google a rendere disponibili i suoi dati ai concorrenti, o addirittura di abbandonare gli accordi presi con vari produttori di smartphone, tra cui Apple, per impostare il suo motore di ricerca come opzione predefinita sui loro dispositivi.
Questi accordi stipulati con diversi produttori hanno in parte motivato il sistema giudiziario americano a dichiarare Google colpevole di pratiche monopolistiche nella ricerca e nella pubblicità su Internet all’inizio di questo mese.
Implicazioni per le aziende di e-commerce
Sebbene questo cambiamento guidato dall’intelligenza artificiale riguardi principalmente gli editori di notizie, anche le aziende di e-commerce dovrebbero prenderne atto. Le panoramiche sull’intelligenza artificiale di Google potrebbero potenzialmente influire sul modo in cui le informazioni sui prodotti vengono visualizzate nei risultati di ricerca, possibilmente riassumendo funzionalità, prezzi e recensioni direttamente nell’interfaccia di ricerca.
Tuttavia, potrebbe anche presentare opportunità per le aziende con dati ben strutturati e una forte presenza online. I siti di e-commerce potrebbero dover ottimizzare le descrizioni e i metadati dei prodotti per essere più compatibili con l’intelligenza artificiale, garantendo che le informazioni chiave siano facilmente estraibili.
Inoltre, poiché i contenuti generati dall’intelligenza artificiale diventano più diffusi nei risultati di ricerca, le aziende di e-commerce potrebbero dover concentrarsi su proposte di valore uniche, esperienze cliente eccezionali e fidelizzazione al marchio per distinguersi.